La vita è meraviglia e scoperta.
E certe scoperte non piacciono per niente.
La diffusione del Coronavirus è partita in sordina, all’inizio si facevano battute su questo ipotetico virus, la Cina ci sembrava così lontana…
Poi lentamente, ma inesorabilmente abbiamo compreso di non essere così’ onnipotenti, e stiamo vivendo momenti di paura e incertezza, poiché la fine al momento non si vede.
E quindi cosa possiamo fare?
La vita va avanti nonostante tutto, oggi è il primo giorno di primavera eppure non possiamo uscire, non possiamo abbracciare e accarezzare i nostri cari, non possiamo passeggiare all’interno dei centri storici mano per mano.
Per me questo è l’aspetto più difficile da gestire, e ci sono momenti in cui l’umore va sotto i tacchi… ma poi accade qualcosa: mi guardo attorno e vedo i miei colleghi di lavoro che non mollano di un solo centimetro, che nonostante la stanchezza costante hanno sempre un sorriso da condividere, vedo e sento la mia famiglia e questa è una fortuna che non tutti possono avere.
E quindi comprendo che è il momento in cui bisogna tirare dritto, senza guardarsi alle spalle, poiché la luce potrebbe essere proprio dietro l’angolo è sarebbe un vero peccato fermarsi poco prima.
Questo è il momento in cui fare e vivere nuove esperienze, magari con persone che prima non conoscevi abbastanza.
E’ il momento in cui scegliere molto bene le domande da porsi, poichè in base alle domande che ci facciamo avremo risposte più o meno utili per affrontare nel migliore o peggiore dei modi tutte le situazioni della nostra vita.
Più che davanti a scelte difficili, a volte ci si ritrova in situazioni in cui è difficile scegliere, e come dice il grande Sebastiano Zanolli, (PS il suo ulitmo libro “Alternative” lo consiglio in questo periodo) è fondamentale creare alternative prima che se abbia un disperato bisogno.
Se qualcuno lo avesse fatto, forse oggi ci ritroveremmo a gestire meglio questa situazione così drammatica.
Quindi invito tutti voi e me per primo, a focalizzarci sulle cose che ci fanno stare bene, per passare dalla paura alla prudenza, con l’obiettivo di essere pronti per affrontare tutte le situazioni che la vita ci riserva.
Dopo tutto, la vita è meraviglia e scoperta….
Vi saluto con un brano di uno scrittore, Alessandro Frezza, (che ho conosciuto grazie al mio amico Giorgio). Descrive molto bene cosa potremmo fare di veramente utile in questo periodo.
A settimana prossima!!!
“Capitano, il mozzo è preoccupato e molto agitato per la quarantena che ci hanno imposto al porto. Potete parlarci voi?”
“Cosa vi turba, ragazzo? Non avete abbastanza cibo? Non dormite abbastanza?”
“Non è questo, Capitano, non sopporto di non poter scendere a terra, di non poter abbracciare i miei cari”.
“E se vi facessero scendere e foste contagioso, sopportereste la colpa di infettare qualcuno che non può reggere la malattia?”
“Non me lo perdonerei mai, anche se per me l’hanno inventata questa peste!”
“Può darsi, ma se così non fosse?”
“Ho capito quel che volete dire, ma mi sento privato della libertà, Capitano, mi hanno privato di qualcosa”.
“E voi privatevi di ancor più cose, ragazzo”.
“Mi prendete in giro?”
“Affatto… Se vi fate privare di qualcosa senza rispondere adeguatamente avete perso”.
“Quindi, secondo voi, se mi tolgono qualcosa, per vincere devo togliermene altre da solo?”
“Certo. Io lo feci nella quarantena di sette anni fa”.
“E di cosa vi privaste?”
“Dovevo attendere più di venti giorni sulla nave. Erano mesi che aspettavo di far porto e di godermi un po’ di primavera a terra. Ci fu un’epidemia. A Port April ci vietarono di scendere. I primi giorni furono duri. Mi sentivo come voi. Poi iniziai a rispondere a quelle imposizioni non usando la logica. Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un’abitudine, e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri. Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte e per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere.
Cominciai con il cibo. Mi imposi di mangiare la metà di quanto facessi normalmente, poi iniziai a selezionare dei cibi più facilmente digeribili, che non sovraccaricassero il mio corpo. Passai a nutrirmi di cibi che, per tradizione, contribuivano a far stare l’uomo in salute.
Il passo successivo fu di unire a questo una depurazione di malsani pensieri, di averne sempre di più elevati e nobili. Mi imposi di leggere almeno una pagina al giorno di un argomento che non conoscevo. Mi imposi di fare esercizi fisici sul ponte all’alba. Un vecchio indiano mi aveva detto,anni prima, che il corpo si potenzia trattenendo il respiro. Mi imposi di fare delle profonde respirazioni ogni mattina. Credo che i miei polmoni non abbiano mai raggiunto una tale forza. La sera era l’ora delle preghiere, l’ora di ringraziare una qualche entità che tutto regola, per non avermi dato il destino di avere privazioni serie per tutta la mia vita.
Sempre l’indiano mi consigliò, anni prima, di prendere l’abitudine di immaginare della luce entrarmi dentro e rendermi più forte. Poteva funzionare anche per quei cari che mi erano lontani, e così, anche questa pratica, fece la comparsa in ogni giorno che passai sulla nave. Mi ero privato di cibi succulenti, di tante bottiglie di rum, di bestemmie ed imprecazioni da elencare davanti al resto dell’equipaggio. Mi ero privato di giocare a carte, di dormire molto, di oziare, di pensare solo a ciò di cui mi stavano privando”.
“Come andò a finire, Capitano?”
“Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto”.
“Vi privarono anche della primavera, ordunque?”
“Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela più”.
– Alessandro Frezza –
Un commento su “La forza del pensiero”
Jung. Libro rosso. Nessun Frezza…